Lo chiamano lock-in tecnologico. E no, di per sé non è una cosa bella.

Lo sappiamo ormai tutti molto bene: un ecosistema digitale, per essere efficace, deve essere non solo agile, ma anche sicuro e scalabile. Ed è bene porre l’accento anche su questo ultimo termine: un sistema digitale non deve infatti presentare barriere oppure ostacoli che impediscano la crescita di un’impresa, venendo di fatto meno al suo compito, almeno in parte. Purtroppo, spesso per ragioni contrattuali, le imprese si trovano talvolta e loro malgrado intrappolate in servizi che finiscono per complicare alcune mosse successive.

Il concetto è del resto semplice. Ci sono degli esempi di lock-in tecnologico anche nella nostra vita quotidiana, al di fuori del mondo del lavoro: pensiamo per esempio a cosa accade nel momento in cui acquistiamo un dispositivo come un iPod, ovvero un dispositivo per la riproduzione di musica che può leggere solo dei file musicali pensati per quel preciso ambiente, e che può essere utilizzato solo con accessori realizzati appositamente per l’iPod. Già questa, di per sé, è una forma leggera ma non troppo di lock-in tecnologico.

una ipod nano con le cuffie.

Guardiamo alla definizione che l’enciclopedia Treccani dà del lock-in tecnologico: qui si legge che si tratta del fenomeno per cui «i clienti sono legati a un venditore di beni e servizi e non possono utilizzare un altro fornitore senza incorrere in alcuni costi di transizione». Di per sé, essere legati a un venditore di beni e di servizi, non è un problema. Ma cosa accade nel momento in cui quel venditore decide di aumentare i prezzi? Ecco, in quel momento ci si può sentire effettivamente in trappola, soprattutto quando i costi di transizione, ovvero i costi per passare a un altro sistema, si rivelano decisamente alti. In una situazione del genere si ha l’impressione di trovarsi in una impasse: da una parte ci sono i costi alti, i tempi e i disturbi inevitabili del cambio di venditore; dall’altra c’è la comodità di continuare a usufruire del medesimo venditore, a fronte di un aumento di prezzi a volte improvviso e, non di rado, difficile da spiegare e da digerire.

Il caso positivo di Microsoft 365

Sede della Microsoft, un edificio con finestre e la scritta Microsoft con il tipico pittogrammaSede della Microsoft, un edificio con finestre e la scritta Microsoft con il tipico pittogramma

Abbiamo visto che il lock-in tecnologico rientra in quell’ampia gamma di fenomeni che, per loro natura, non possono che essere accolti in modo negativo. Va però detto che la trappola a volte è solo apparente e che, a conti fatti, una volta superato l’aspetto emotivo che un aumento di prezzi può comportare, non c’è in realtà un reale motivo di preoccupazione.

L’eccezione alla regola nel mare magnum dei lock-in tecnologici con effetti negativi può essere sicuramente quello di Microsoft 365.

L’argomento, tra le aziende che utilizzano i prodotti di questa suite, è noto. Il cambiamento delle tariffe del vecchio Office, entrato in gioco dal 1° marzo 2022, era stato anticipato già l’estate scorsa. Nel dettaglio, l’aumento dei prezzi riguardante i piani aziendali cambia di piano in piano: si parla in ogni caso di un incremento che non può passare inosservato, trattandosi in certi casi di un bel +20%. Per Microsoft 365 Business Basic si è passati da 5 a 6$, per Microsoft 365 Business Premium da 20 a 22$, per arrivare fino a Office 365 E5, che è passato da 35 a 38$. Anche per delle aziende medio-piccole, insomma, si potrebbe parlare talvolta di aumenti di alcune migliaia di euro all’anno.

Quando si introducono degli aumenti di prezzi non ci si può aspettare che i clienti non si pongano delle domande. Non stupisce quindi che Microsoft al momento dell’annuncio abbia giustificato l’incremento spiegando che si tratta pur sempre «del primo aggiornamento sostanziale dei prezzi dal momento del lancio di Office 365» il quale è avvenuto una decina d’anni fa. Jared Spataro, Vice Presidente per Microsoft 365, aveva poi spiegato che l’aumento delle tariffe rispecchia in realtà quello del valore fornito ai clienti, ben esemplificato e dimostrato dall’arrivo di Teams, tra i servizi per videoconferenze più apprezzati a livello internazionale, per non parlare poi delle tante applicazioni aggiunte negli ultimi anni. Si parla di OneDrive, di Access, di Publisher, di SharePoint, di Visio, di e Yammer e di altre nuove applicazioni (in tutto 24).

Questo non toglie che il fatto di pagare 12 per un servizio che ieri si pagava 10 resti fastidioso. È sufficiente però approfondire la questione per capire che, in realtà, si tratta di un problema del tutto ridimensionabile: vediamo il perché.

La nostra opinione di fronte all’aumento prezzi di Microsoft 365

Ogni azienda è diversa, con le proprie esigenze e peculiarità. La sensazione di frustrazione nel ritrovarsi in una situazione di lock-in tecnologico di fronte a un colosso tecnologico, però, è un fattore comune ai più.

Ne siamo convinti, per superare l’impatto emotivo dell’aumento di prezzi, è sufficiente chiarire un concetto di base: per la maggior parte delle imprese, il problema del lock-in tecnologico nel caso di Microsoft 365 è assolutamente gestibile e tutto sommato di poca portata, soprattutto per imprese di dimensioni piccole o medie. Lo affermiamo a partire da una profonda conoscenza dei prodotti offerti da Microsoft, e nelle prossime righe spiegheremo il perché.

Bisogna prima di tutto sapere che la trappola in cui ci si sente stretti non presenta sbarre strette come si potrebbe pensare a un primo momento:

esistono in tutti i casi varie vie di uscita, facendo peraltro riferimento al lavoro del Garante della Privacy, che per l’appunto garantisce a tutti i clienti la possibilità di estrarre i propri dati e portarli altrove nel cloud.

Esistono, insomma, dei sistemi analoghi verso i quali migrare, e nessuno vieta di farlo.

Il fatto è che non conviene. Da una parte perché i costi della transizione, economici e non solo, sarebbero alti. Dall’altra perché, al di là della transizione in sé e per sé, nemmeno il resto della fuga sembra essere conveniente e intelligente, per diversi motivi. Il motivo numero uno è che le garanzie, le funzionalità e la qualità che Microsoft 365 assicura ai clienti sono molto alte. In secondo luogo, perché in realtà l’aumento dei prezzi porta le tariffe di Microsoft in linea con quelle di altri fornitori di prodotti comparabili.

Non è tutto qui. Per capire perché l’aumento dei prezzi di Microsoft 365 non debba destare preoccupazione c’è infatti altro su cui riflettere. È bene tenere presente che, ad aumentare, sono stati i prezzi dei pacchetti. E all’interno di ogni pacchetto ci sono diversi prodotti. Pensiamo al pacchetto Microsoft 365 Business Basic: lì dentro troviamo Word, Excel, PowerPoint, Teams, Outlook, Exchange, OneDrive e SharePoint. Nel pacchetto Premium troviamo invece, oltre a questi prodotti, anche Intune, Access, Azure e Publisher. In questi pacchetti, soprattutto in quelli più ampi e più costosi, si trovano innumerevoli strumenti che possono aiutare l’impresa a fare di più, in modo più facile, più veloce, più sicuro e più conveniente: il vero investimento non sta in questo caso nel cercare una via di fuga – a partire da quanto abbiamo visto sopra – quanto invece nell‘usare ogni strumento che può supportare il business, senza limitarsi quindi alla triade Word, Excel e Outlook. In poche parole, l’aumento si giustifica da solo nel momento in cui il cliente usa il pacchetto, con tutte le funzionalità aggiunte negli anni, per aumentare la propria produttività aziendale.

Le icone delle principali app di Microsoft 365

C’è un altro elemento che bisogna tenere in considerazione: i prodotti che si trovano nei pacchetti di Microsoft 365 non sono i “vecchi” prodotti, e non sono nemmeno una nuova versione dei vecchi prodotti. Parliamo di nuovi prodotti, per un nuovo concetto di lavoro, per veicolare la trasformazione digitale dell’azienda. Con questi prodotti è possibile introdurre lo smart working (quello vero, non il lavoro da remoto) la condivisione online e tanto altro.

Computer portatile spento sul tavolo del salotto con una tazza di tè al fianco e televisione spenta sullo sfondoUfficio con delle persone che lavorano in un open Space

Si capisce quindi che, per sfruttare fino in fondo questi preziosi e spesso indispensabili strumenti, e allo stesso tempo parallelamente per ricavare del valore da questi prodotti – esigenza ancora più pressante a fronte delle nuove tariffe – diventano ancora più cruciali due aspetti. Da una parte la formazione, dall’altra la consulenza.

Ed è qui, come ben sanno i nostri clienti, che entriamo in gioco noi. Il nostro lavoro, il lavoro di IT Governance, è quello di capire le esigenze peculiari di ogni cliente, andando oltre la superficie, per portarlo in modo non traumatico ma efficace nel mondo cloud. E lo facciamo non con un approccio lift and shift (spostare l’esistente com’è), rapido ma immensamente limitante e per niente conveniente dal punto di vista economico, quanto invece dando al cliente la possibilità di sfruttare appieno tutte le nuove funzionalità che prima, semplicemente, non si potevano avere. Ogni migrazione è diversa, perché come detto ogni realtà ha esigenze peculiari. Al giorno d’oggi, ogni azienda è chiamata a cambiare il proprio modo di lavorare, per non perdere competitività e lustro, modificando i propri processi aziendali attraverso l’utilizzo ottimale degli strumenti necessari. Che si trovano, per l’appunto, nei pacchetti Microsoft 365.

Quindi, concludendo, sì, il lock-in tecnologico è un problema. E persino quello conseguente all’avvenuto aumento di prezzi di Microsoft 365 potrebbe esserlo, ma solamente per quelle aziende che non saranno disposte a imparare come usare in modo efficiente e furbo gli strumenti messi a disposizione da questi pacchetti, i quali hanno dimostrato e continuano a dimostrare di poter fare un sacco per le aziende.

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